@Vitupero

3 settimane fa

I santi di oggi 22 maggio:

I santi di oggi 22 maggio:

nome Santa Rita da Cascia- titolo Vedova e monaca agostiniana- nome di battesimo Margherita Lotti- nascita 1381, Roccaporena- morte 22 maggio 1457, Cascia- ricorrenza 22 maggio- Beatificazione 19 ottobre 1626 da papa Urbano VIII- Canonizzazione 24 maggio 1900 da papa Leone XIII- Santuario principale Basilica di Santa Rita, Cascia- Attributi Santa degli impossibili, Avvocata dei casi disperati- Patrona di Cascia, famiglie, donne sposate infelicemente, casi disperati e apparentemente impossibili, protettrice di salumieri, pizzicagnoli e serigrafi, co-patrona di Napoli- Nacque Rita a Rocca Porena, paesello nei pressi di Cascia nell'Umbria, l'anno 1381. Sotto la vigile cura dei genitori la bimba cresceva giudiziosa e pia, come un fiore di serra, con particolar tendenza alla solitudine ed alla preghiera. Era suo vivo desiderio di consacrare a Dio la sua verginità, ma i genitori vollero che si sposasse. Lo sposo era burbero e collerico, ma Rita, armata di pazienza, tutto seppe sopportare, ricambiando bene per male, senza che in diciott'anni di matrimonio la concordia venisse infranta in quella casa. Uomini pessimi le trucidarono il consorte. Ella, anzichè pensare a farne vendetta, pregava Dio per quegli infelici, non solo, ma si studiava di istillare nei suoi due figliuoli l'eroismo del perdono cristiano. Scorgendo che crescevano tuttavia bramosi della vendetta pregò istantemente il Signore che li volesse prendere in cielo prima che avessero tempo a macchiarsi di sangue. Dio l'esaudì. Libera da ogni cura di famiglia, pregò di essere accolta nel monastero delle Agostiniane. Per ben due volte ricevette un brusco diniego, finché il Signore volle appagare il suo desiderio con un prodigio. Stando nel cuore della notte in orazione, le comparvero S. Giovanni Battista, S. Agostino e S. Nicola da Tolentino, che le rivolsero parole di conforto, la invitarono a seguirli e miracolosamente la introdussero nel monastero. Quelle vergini, ammirate e commosse, non esitarono più a riceverla per loro consorella. Non tardò molto la buona vedova a divenire lo specchio di ogni virtù. Ubbidiva colla semplicità di una fanciulla; la Superiora le ordinò un giorno di innaffiare un legno secco ed ella non esitò un istante a farlo. Rita era l'innamorata del Crocifisso. La passione di Gesù era la sua meditazione prediletta e ne rimaneva così infiammata da versar abbondanti lacrime. Un giorno, mentre pregava con più intenso fervore e supplicava l'amato Gesù ad associarla alla sua passione, un raggio di luce partì dal Crocifisso, si riflettè sul capo di Rita, poi una spina si staccò dal capo adorabile di Gesù e venne a trafiggere la sua fronte; vi produsse una profonda ferita seguita da un'insanabile piaga, che rimase fino alla morte; piaga che oltre ad acuti dolori esalava un grande fetore, per cui ella per non infastidire le sorelle amava restare solitaria e conversare con Dio. Gesù la faceva davvero patire a sua imitazione. L'ultima sua malattia durò quattro anni: anni di acuto e lento martirio, che fornirono la misura della sua eroica pazienza e insaziabile brama di patire. Gesù, con un miracolo, mostrò quanto gli fosse caro il suo patire. Era un rigidissimo inverno; il gelo e la neve erano abbondanti. Rita pregò una donna di Rocca Porena che andasse al suo antico orto e le portasse ciò che v'era di maturo e di fiorito. Si credette scherzasse: però, passando di là, quella signora scorse due freschi fichi ed una bella ed olezzante rosa era un regalo del suo Gesù. Vicina a morire udì Gesù e la sua santa Madre che la invitavano alla celeste dimora, alla quale volò il 22 maggio del 1439. I fedeli la chiamano la «Santa degli impossibili». PRATICA. Gesù comanda ad ogni cristiano di perdonare e pregare per i propri nemici: ecco il vero eroismo! PREGHIERA. O Signore, che ti sei degnato di conferire a Rita tanta grazia da amare i suoi nemici e da portare nel cuore e in fronte i segni della tua carità e della tua passione, deh! concedici per l'intercessione e i meriti di lei di amare i nostri nemici e contemplare dolori della tua santa passione, così che conseguiamo il premio promesso agli amanti. MARTIROLOGIO ROMANO. A Càscia, in Umbria, santa Rita Vedova, Monaca dell'Ordine degli Eremiti di sant'Agostino, la quale, dopo le nozze del secolo, amò unicamente l'eterno sposo Cristo.

nome Santa Giulia- titolo Martire in Corsica- nascita V Secolo, Cartagine, Tunisia- morte V Secolo, Corsica, Francia- ricorrenza 22 maggio- Canonizzazione pre canonizzazione- Santuario principale Brescia- Attributi croce, palma, giglio- Patrona di Livorno, Monastero Bormida (AT), Padria (SS), Salisano (RI); della Corsica; protettrice dei malati agli arti- «Giulia, santa, martire è commemorata nel Martirologio Geronimiano come martire della Corsica». Documenti attendibili narrano che fu vittima della persecuzione di Decio; subì il supplizio della croce a Cartagine e le sue reliquie giunsero in Corsica in epoca posteriore. La storia conferma che l'imperatore Decio, abolendo le norme meno rigorose di Traiano in favore dei cristiani, riaccese una crudele persecuzione con un editto emanato nell'anno 250. Molte, e soprattutto in Africa, furono le vittime. S. Cipriano, vescovo di Cartagine, ricordando questa persecuzione, di cui fu spettatore, dice che il sangue dei martiri fluiva a torrenti. Tra i martiri che testimoniarono il loro amore e la loro adesione a Cristo Signore con coraggiosa professione di fede, trascrive anche il nome di Giulia. In un sermone riportato dal suo discepolo e biografo Possidio nell'Indicus scriptorum Augustini, l'illustre Vescovo d'Ippona attesta che a Cartagine, nella basilica di Fausto, erano venerate le reliquie della martire Giulia, insieme a quelle dei martiri Florenzio, Gennaro, Giusta e Catulino. Quanto al supplizio della crocifissione, inflitto alla nostra Santa e riferito dalla «Passio», nulla osta il ritenerlo come originaria e vera redazione del suo martirio, perché gli storici concordano nell'affermare che questa era praticata assai comunemente dai cartaginesi per punire i propri cittadini e gli stranieri, colpevoli di grave reato. Quando i Vandali, nel 439, invasero l'Africa, perseguitarono la Chiesa e distrussero Cartagine, i cristiani fuggiaschi in cerca di salvezza nelle isole del Tirreno, portarono con sè le reliquie della martire, insieme ad altre, per proteggerle dalla profanazione. Le reliquie di S. Giulia giunsero e rimasero venerate per tre secoli prima in Corsica e poi in Gorgona. Nel 763 approdarono al Sinus Pisano, quella zona nella quale sorse la Livurna medioevale e nel secolo XVI, l'attuale Livorno medicea. Da qui, per via terra, giunsero al monastero di San Salvatore in Brescia, per il quale Desiderio, re dei Longobardi e già duca di Lucca, le aveva richieste e ottenute. Il passaggio delle reliquie dal nostro territorio suscitò emozione e devozione; e in suo onore sorsero chiese ed altari, opere benefiche e di culto, tra le quali l'Arciconfraternita che porta il suo nome, ed anche istituti di educazione e opere d'arte e di cultura. Nel 1410, all'antica Pieve di S. Maria di Livorno fu aggiunto anche il nome di S. Giulia, ormai venerata come patrona del luogo, e nel 1835 confermata patrona della città e della diocesi da Papa Gregorio XVI. Elevata a città, il Vescovo di Brescia, con atto fraterno e generoso, donò a Livorno una parte delle reliquie di S. Giulia, che, ora racchiuse in un prezioso e simbolico reliquiario d'argento, sono custodite nella chiesa a lei intitolata. MARTIROLOGIO ROMANO. In Corsica santa Giulia Vergine, coronata col supplizio della croce.

nome Santa Umiltà- titolo Badessa Vallombrosana- nome di battesimo Rosanna Negusanti- nascita 1226 circa, Faenza- morte 22 maggio 1310, Firenze- ricorrenza 22 maggio- Canonizzazione 27 gennaio 1720- Attributi saio, melote, libro, donnola- Patrona di Faenza- Le fasi della vita di Umiltà (moglie, madre, suora, reclusa e fondatrice del convento di suore a Vallombrosa) furono straordinarie per varietà e successi. Nata a Faenza da una nobile e ricca famiglia, fu battezzata con il nome di Rosanna. All'età di quindici anni la famiglia la obbligò a sposare un nobile del luogo, Ugolotto; ebbero due figli che però morirono in tenera età. La coppia di sposi era mal assortita e per nove anni Rosanna, onesta e devota, tentò di correggere la condotta frivola e infedele del marito. Una malattia grave, quasi mortale, lo portò infine ad accettare una vita di continenza, come lei desiderava: ed entrambi entrarono nel monastero di S. Perpetua, nei pressi (li Faenza, lei come suora del chiostro e lui come fratello laico. A ventiquattro anni e con il nuovo nome di Umiltà cercò maggiore solitudine e austerità, prima in un convento di clarisse e poi stabilendosi in una cella adiacente la chiesa di S. Apollinare, dove ottenne la reclusione dall'abate di S. Crispino, monastero vallombrosano. Visse là nutrendosi di pane, acqua e verdure. Nello stesso periodo suo marito si era trasferito a S. Crispino, dove morì tre anni dopo senza, a quanto pare, aver più rivisto la moglie. Dopo aver vissuto da reclusa per dodici anni, l'abate generale dei vallombrosani e il vescovo locale la persuasero a uscire e a fondare un convento femminile. A Malta, una località fuori dalle mura di Faenza, divenne così la prima badessa del monastero di S. Maria Novella alla Malta. Fondò un secondo convento femminile dedicato a S. Giovanni Evangelista a Firenze, di cui divenne badessa, morendovi il 22 maggio 1310 all'età di oltre ottant'anni. Il suo corpo incorrotto fu riesumato nel 1311 e dopo varie vicende traslato nel monastero dello Spirito Santo di Varlungo, vicino a Firenze. È certo che abbia composto alcuni scritti, uno dei quali dedicato agli angeli, con i quali visse in comunione costante. Il suo antico culto fu confermato nel 1721. Venne eletta patrona di Faenza nel 1942. MARTIROLOGIO ROMANO. A Firenze, beata Umiltà (Rosanna), che, con il consenso del marito, visse dodici anni come reclusa; su richiesta del vescovo, poi, costruì un monastero di cui divenne badessa e che associò all’Ordine di Vallombrosa.

nome Santi Casto ed Emilio- titolo Martiri- ricorrenza 22 maggio- Casto ed Emilio furono arrestati in Cartagine e presentati al tiranno per cagione della loro fede, e si dichiararono cristiani. Sottoposti però ai tormenti ebbero la debolezza di cedere apparentemente, negando colle parole il nome di G. Cristo e stimando che loro bastasse di ritenerlo nel cuore. Il Signore ebbe pietà della loro ignoranza ed audacia. Mandò loro un santo sacerdote, che li rimproverò della loro apostasia, e tanto disse, che caddero ginocchioni domandando misericordia. Si misero allora a praticare pubblicamente la religione, confessando il loro delitto. Furono perciò convenuti in giudizio e questa volta ripararono coi tormenti e col fuoco il fallo di prima, e si meritarono il perdono da Dio e la gloria del martirio a Cartagine, l'anno 250. MARTIROLOGIO ROMANO. In Africa, santi Casto ed Emilio, martiri, che conclusero la loro passione nel fuoco. Come scrive san Cipriano, vinti in un primo combattimento, il Signore li rese in una seconda prova vincitori, facendoli più forti di quelle fiamme a cui i corpi avevano precedentemente ceduto.

nome San Michele Ho Dinh Hy- titolo Catechista e martire- nascita 1808, Nhu Lam, Thua Thien, Vietnam- morte 22 maggio 1857, An Hòa, Quang Nam, Vietnam- ricorrenza 22 maggio- Nato a NhuLam nel 1808 da genitori cristiani, per la sua vita edificante e per la profonda pietà venne creato dal vescovo primo catechista della provincia. Non avendo esaudito la richiesta di un mandarino, fu accusato presso il re di essere cristiano. Sottoposto a torture, fece il nome di alcuni parenti e funzionari cristiani, ma quando se li vide dinanzi deplorò la sua imprudenza e si rifiutò di rinnegare la sua fede. Dopo essere stato condotto per tre giorni attraverso la città alla figura di "Ecce Homo" per i vari colpi di canna subiti, venne decapitato il 22 maggio 1857. MARTIROLOGIO ROMANO. Nel regno dell’An Nam, ora Viet Nam, san Michele Ho Dình Hy, martire, che, mandarino, ufficiale imperiale e catechista, denunciato come cristiano, morì decapitato dopo atroci supplizi.

nome San Giovanni da Parma- titolo Abate- nascita X secolo, Parma- morte 22 maggio 990, Parma- ricorrenza 22 maggio- Beatificazione 1777 da papa Pio VI- Nato a Parma, Giovanni fu canonico della locale cattedrale ma anche pellegrino zelante. Si narra che si sia recato sei volte a Gerusalemme e là sia divenuto monaco. In seguito, dal 983 al 990, fu abate del monastero di S. Giovanni a Parma, dove introdusse la Regula benedettina con gli adattamenti cluniacensi di S. Maiolo (11 mag.), suo contemporaneo e consigliere. Questo episodio ci ricorda l'espansione del pensiero cluniacense al di fuori della Francia nel X secolo. Dal 1534 è patrono della città di Parma e venerato nella congregazione benedettina di S. Giustina di Padova, a cui apparteneva nel XVI secolo l'abbazia parmense, dopo la traslazione delle sue reliquie nel 1588 e nel 1661. La sua festa è celebrata il 22 maggio nella diocesi e nell'abbazia di Parma. MARTIROLOGIO ROMANO. A Parma, san Giovanni, abate, che, seguendo i consigli di san Maiólo di Cluny, fissò nel suo cenobio molti precetti per promuovere l’osservanza della disciplina monastica.

nome Beato Giovanni Forest- titolo Sacerdote francescano, martire- nascita 1471, Oxford, Inghilterra- morte 22 maggio 1538, Smithfield, Inghilterra- ricorrenza 22 maggio- Giovanni Forest è stato uno dei primi martiri della riforma introdotta dal re Enrico VIII nella chiesa inglese. Era nato nel 1471 a Oxford e all'età di 17 anni entrò nell'ordine francescano della stretta osservanza nel convento di Greenwich; studiò poi nell'università di Oxford e, una volta ordinato sacerdote, ricevette dal cardinale Wolsey, primo ministro di Enrico VIII, l'incarico di predicatore e contemporaneamente la regina Caterina d'Aragona lo nominò proprio confessore. Il destino di Giovanni Forest si compì quando il re volle sciogliere le sue nozze con Caterina e si rese conto della opposizione dell'ordine francescano: questo fu sciolto per ordine regio e Giovanni, che aveva difeso dal pulpito la validità delle nozze regali, fu imprigionato nel 1534 ma poco dopo fu liberato perché si era detto disposto a riconoscere la supremazia del re in materia religiosa. Tuttavia Giovanni continuò a mantenere rapporti con l'ex regina Caterina e scrisse un opuscolo contrario alla supremazia ecclesiastica del sovrano. Questi lo fece di nuovo arrestare e Giovanni sottoscrisse alcuni articoli di fede rendendosi conto solo successivamente che essi comportavano l'adesione alla riforma e si affrettò a ritrattare la sua adesione. Fu quindi condannato al rogo e arso vivo a Smithfield il 22 maggio 1538 dopo aver riaffermato la sua fedeltà alla sede romana. Nel 1886 fu beatificato dal papa Leone XIII. MARTIROLOGIO ROMANO. A Londra in Inghilterra, beato Giovanni Forest, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori e martire, che subì il martirio sotto il re Enrico VIII per aver difeso l’unità della Chiesa cattolica, bruciato vivo sul rogo nella piazza di Smithfield insieme a delle sacre immagini lignee.

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4 commenti

@giada_e_basta

un mese fa

❤️❤️

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@Raining

un mese fa

Mia zia si chiamava Adele Rita proprio perché nata in questo giorno, che purtroppo è stato anche quello della sua morte. @cartaigienica da qui mia figlia Adelina

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