@Namskot

10/06/2023 alle 19:52

Giasone il classico eroe del mito Greco

Giasone il classico eroe del mito Greco

C'è un equivoco, fra l'eroe e la principessa, che continua a riverberarsi in tante storie fra uomini e donne, almeno finché l'uomo pensa di essere l'eroe e la donna pensa di essere la principessa. La notte in cui Giasone si presento alla corte della Colchide, la principessa Medea sognò che l'eroe era venuto non per uccidere il mostro ma per rapire lei, per liberarla dalle catene della sua vita.

Giasone sapeva che per vincere il mostro a guardia del vello d'oro gli era indispensabile l'aiuto di Medea. Se l'avesse aiutato, la principessa sarebbe stata rapita; sia l'eroe sia la principessa volevano far sembrare, il primo all'altra, l'altra a se stessa, che l'uccisione del mostro fosse solo il pretesto per il rapimento.

Ma mostri e principesse per l'eroe non sono mai singolarità permanenti, ma sono sempre in successione, Se per il mostro non si pone il problema del dopo vista la sua morte, per la principessa rimane il peso nella storia dell'eroe. Il suo ruolo non può che diventare il nemico che vuole distruggere l'eroe ma le cui azioni spesso colpiscono più la prossima principessa che l'eroe stesso. Così le storie fra gli eroi e le principesse non finiscono mai bene forse in questo Teseo fu il più lucido degli eroi, perché almeno abbandonò Arianna prima di ritornare a casa.

« Sarebbe sufficiente per me vivere nella mia patria, con il consenso di Pelia. Vogliano gli dei liberarmi dalle mie imprese». Dice Giasone a Ipsipile. Ed è l'amante, sempre ipocrita che tenta di mitigare la crudeltà dell'abbandono, ma anche l'eroe che cerca di ignorare quello che deve fare, uccidere, ingannare, abbandonare.

Per l'eroe del mito greco non esiste il lieto fine delle favole, non solo la sua parte è già scritta, l'impresa gli preesiste ma spesso non riesce neanche ad essere se stesso, ma solo posseduto dal dio. Giasone non riuscì mai, neppure un momento, ad andare oltre al ruolo di eroe. Se ne accorse presto e allora si chiudeva in tetri mutismi. Lavorava alle sue imprese; ma appunto lavorava. Le stesse donne che gli venivano incontro facevano parte del suo lavoro. Aveva abbandonato Ipsipile perché doveva proseguire nella sua spedizione. Aveva promesso a Medea le nozze perché doveva conquistare il vello d'oro, che fu il loro luminoso giaciglio nuziale, ma in seguito abbandonò Medea perché doveva imparentarsi con la casa regnante di tebe.

Ogni sua azione avveniva in funzione di qualcosa, ogni volta obbediva ad un ordine superiore una pagina già scritta di un copione. Solo questo riusciva in parte ad alleviarli il ricordo delle sue imprese più ripugnanti e truci; le aveva compiute perché gli spettavano. Aveva vissuto le avventure più estreme viaggiando nelle terre più remote, eppure era sempre stato un asino che gira intorno al pozzo.

Per Medea, anche se bellissima, aveva sentito sin dall'inizio una strana repulsione. Era una donna che conosceva soltanto due stati: o quello dell'infelicità senza rimedio, della disperazione, della disgrazia luttuosa, della reietta inerme; o quello della potenza abbacinante e fulminea. Passare attraverso molteplici avventure con quella donna era concepibile e la sua magia era utile più di quella di molti eroi; ma vivere con lei ogni giorno? Sicuramente una pena peggiore di quella del Tartaro o di qualsiasi altro inferno pensabile.

Ora Giasone era vecchio e schivato da tutti, le sue imprese si raccontavano ai bambini ma nessuno lo conosceva o voleva averci a che fare. Tornò a Corinto dove aveva regnato e dove aveva visto e provocato molti orrori, lì tirata in secco riposava la nave Argo.

Era la sua prima, ultima e vera compagna. E non poteva sicuramente dire che era una compagna muta, perché la sua trave centrale aveva una voce, e Giasone ne ricordava il suono, dissimile da ogni altro. Un tempo lo aveva sgomentato, ora da vecchio lo pungeva di nostalgia, come la voce di una vecchia nutrice. Guardò quella nave. Che aveva amato più di ogni donna, e certo più di Medea, quella finta selvaggia, che sembrava sempre sull'orlo del baratro ma in fondo non faceva altro che passare da una scena regale all'altra sempre seminando sciagure e follie e sempre salvandosi con la sua magia e i suoi serpenti.

Gli incanti della nave Argo erano più rari e più fieri. Giasone pensò che Argo avrebbe potuto concederli un ultimo favore: al legno della sua prua si sarebbe impiccato. Poi come un vecchio ripiombò nel suo rimuginare meditabondo, con la schiena appoggiata alla chiglia. Una trave marcia cadde dal ponte e lo colpì alla testa, uccidendolo.

+1 punto
15 commenti
OP

@Namskot

un anno fa

@Lulaina

+2 punti
OP

@Namskot

un anno fa

@Ginevra_2003

+2 punti
OP

@Namskot

un anno fa

@Mistral_

+2 punti
OP

@Namskot

un anno fa

@Carlous_Rex

+2 punti
OP

@Namskot

un anno fa

@DICO_LA_VERITA

+2 punti
OP

@Namskot

un anno fa

@AsessualeScarso

+2 punti
OP

@Namskot

un anno fa

@Stronzonelcuore

+2 punti
OP

@Namskot

un anno fa

@Gioforchio

+2 punti

@Carlous_Rex

un anno fa

Mizzica. Adesso tremo per Vivi 😨. Complimenti comunque💪

+1 punto