@Namskot

27/04/2024 alle 19:01

Aristotele, sul giusto politico

Aristotele, sul giusto politico

Nei capitoli centrali del quinto libro dell’Etica Nicomachea Aristotele riserva alcuni

paragrafi (1134a 25-1135a 8) alla definizione delle qualità del giusto politico (τὸ

πολιτικὸν δίκαιον). Del giusto politico Aristotele “cerca” il carattere che ne fa un oggetto

di studio proprio della scienza politica. Perciò la sua riflessione si sofferma sulle

specificazioni del giusto politico che è conveniente considerare nell’ambito di una

ricerca concernente il “sapere pratico”, mentre sorvola sulle parti del giusto politico

meno rilevanti nel contesto di una ricerca di questo tipo. Poiché la scienza politica

studia tipicamente gli artefatti che sono il prodotto di determinazioni, scelte, deliberazioni

e che non esistono “per sé, al modo di un ente o di una sostanza”, è naturale

che Aristotele imposti la sua trattazione del giusto politico a partire dallo studio delle

azioni compiute (praxeis), che sono molte e diverse, invece che dalla considerazione

del fine (telos), che è uno solo. Il fine universale al quale tendono le comunità politiche

–la felicità dei cittadini– non è infatti un oggetto di studio proprio della scienza

politica in quanto su di esso non si delibera (EN 1112b 34): come “un medico non

delibera se guarire, né un retore se persuadere, né un politico se fare buone leggi” ma

“posto il fine, indagano come lo si realizza” (EN 1112b 13-16), anche il ricercatore che studia i prodotti della politica vorrà capire –una volta posto il fine che è il bene

della comunità politica– come esso si realizza.

A fare del giusto politico un oggetto di studio proprio della scienza politica è il

fatto che questo concerne le azioni compiute, gli atti “particolari” nei loro rapporti

con il fine “universale”. Ed è perciò la considerazione della distinzione tra le azioni

della giustizia, che in quanto compiute sono molte e particolari, e il loro fine ultimo

–che in quanto universale è uno e ovunque lo stesso– a chiudere la sezione dedicata

da Aristotele alla definizione del giusto politico (EN 1135a 6-8). Questa considerazione

conclusiva dà senso a una trattazione articolata dei caratteri costitutivi del giusto

politico che vengono definiti e messi in rilievo attraverso la considerazione delle sue

specificazioni o parti ovvero, secondo l’ordine espositivo, il giusto in senso “assoluto”

(τὸ ἁπλῶς δίκαιον), quello “naturale” (τὸ φυσικὸν δίκαιον) e quello “legale” (τὸ

νομικὸν δίκαιον).

Attraverso le riflessioni che la ‘scomposizione’ del giusto politico sviluppa e ordina,

Aristotele riconosce il suo carattere essenziale: il fatto che il fondamento del

giusto politico è rappresentato da convenzioni stabilite secondo un principio di convenienza intelligibile e relativamente determinato all’interno di una data comunità

politica.

A rivelare l’essenza del giusto politico concorre una serie di definizioni che Aristotele

riferisce ora al giusto politico in tutte le sue specificazioni (assoluto, naturale

e legale) ora soltanto alla sua “parte” più intelligibile, il giusto legale. Queste sono

le definizioni: il fondamento del giusto politico è la determinazione (κρίσις) collettiva

dell’idea di giusto decisa in una data comunità politica (1134a 25-33); il giusto

politico dipende dall’opinione, dal fatto cioè che una cosa può sembrare (δοκεῖν) in

un modo o nell’altro (1134b 20); il giusto politico esiste solo quando viene stabilito

ovvero posto in modo formale (ὅταν δὲ θῶνται) e dunque se non è stabilito non esiste

(1134b 21). Una volta che il giusto politico diviene intelligibile, quando cioè si è definita

una determinazione collettiva al riguardo e si sono realizzati degli atti particolari

conformi a quella determinazione di giustizia , esso funziona come le unità

di misura negli scambi: rivela quali determinazioni ne siano a fondamento. Per la

sua funzione di “indicatore” delle decisioni (κρίσεις) attraverso le quali le comunità

politiche hanno definito e realizzato una certa idea di giustizia, il giusto politico è assimilabile alla politeia che, laddove assume una forma storica intelligibile, è sempre

diversa, mentre rimane unica e la stessa quando è nella sua forma ideale e conforme

a natura (1134b 35-1135a 6). In definitiva, il carattere essenziale del giusto politico

è il fatto di costituire il prodotto delle scelte dell’uomo che vive in società, di essere

un artefatto del raziocinio umano, come sono le leggi e la politeia – s’intende, quella

che si dà nella storia. Ora, i paragrafi riservati da Aristotele alla definizione delle qualità del giusto politico (1134a 25-1135a 8) sono da sempre oggetto del massimo impegno critico. Lo stesso autore dei Magna Moralia pseudo aristotelici –forse il più antico dei “commentatori” di Aristotele– ha riservato alcuni paragrafi del primo libro (MM 1194b

30-1195a 7) alla spiegazione degli esempi impiegati nell’Etica Nicomachea per definire

il carattere proprio del giusto politico, particolarmente rispetto al suo rapporto

con il giusto naturale. Quest’ultimo del resto è il tema che maggiormente ha occupato

la riflessione di alcuni tra i massimi interpreti del pensiero aristotelico da Tommaso

d’Aquino a Marsilio da Padova, da Strauss a Gadamer. Tale riflessione, soprattutto

impegnata a valutare la possibilità di riconoscere in Aristotele un teorico del diritto

naturale, ha determinato l’avvio di un ampio dibattito del quale è impossibile dare

conto in modo esaustivo. Basti qui osservare che ad animare quella discussione sono

essenzialmente due problemi: il primo posto dall’esigenza di comprendere le qualità

del giusto naturale come componente del giusto politico – sia in rapporto ai temi della

variabilità e stabilità sia, più in generale, nell’ambito del pensiero giuridico di Aristotele;

il secondo determinato dalla difficoltà di interpretare la funzione che assume la

costituzione ideale, quella secondo natura, nel quadro più ampio della riflessione aristotelica

sulle costituzioni (si tratta in questo caso di dare un senso alla comparazione

tra giustizia e politeia in rapporto alle finalità della scienza politica).

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1 commento
OP

@Namskot

2 mesi fa

Il pezzo in questione non è scritto da me, mi sono limitato a riprodurlo per portare a questa comunity, un disagio diverso dai soliti in cui naviga.

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